REVOLUTION
1958 - 1978
Il floreale, che si delinea nell'opera Sezession, si scatena in Revolution. L'accostamento di periodi storici e cicli estetici diversi crea analogie inattese. Le linee arabescate ritornano dopo mezzo secolo.
Il Flower-Power coloratissimo degli anni Sessanta ora ha influssi orientali e spirituali, ora psichedelici, lisergici, chimici. Non più pura e semplice joie de vivre a cavallo tra Otto e Novecento.
In ogni caso spezza il macabro monocromatismo della guerra e degli anni postbellici. The man in the grey flannel suit, l'uomo dal vestito grigio viene spazzato via dal ventennio in cui si "inventa la gioventù". Persino i sottomarini diventano pacifici e gialli, solari: "So we sailed up to the sun/ Till we found a sea of green/ And we lived beneath the waves/ In our yellow submarine..."
Come per cancellare la memoria degli U-Boat nazisti, sconfitti dalla decriptazione del codice Enigma. Dopo il cinema, l'architettura e la propaganda di regime, la musa che entra in gioco in questa opera è la musica pop.
Il viaggio in India dei Beatles lancia la moda dell'Oriente, fino ad allora appannaggio di élite esoteriche di sanscritisti: un'altra giovinezza, per citare il romanzo dell'antropologo Mircea Eliade e volendo anche l'omonimo film di Francis Ford Coppola.
L'unico nero ammesso nel '68 e dintorni è quello delle Black Panters, che qui compaiono sotto forma del pugno chiuso di Malcom X.
L’opera è un caleidoscopio psichedelico di memorie indelebili: gli spari di Lee Oswald a Kennedy, Jurij Gagarin, lo sbarco della Lavalamp sulla luna...
Tecnica:
foglia d’argento, colori trasparenti per vetrata, colori sparkle e metallizzati, metal flakes.
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