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DAS REICH
1938 - 1958
"Učit'sja, učit'sja i učit'sja", "Studiare, studiare e studiare", come diceva Vladimir Il'ič Ul'janov, ovvero il compagno Lenin. La frase ha assunto il tono ridicolo che hanno tutte le massime del leader bolscevico oggi. "Anche una cuoca dovrebbe imparare a governare lo stato", "Bisogna seppellire tutti i teatri" e così via. In realtà Lenin citava Čechov, sempre il racconto La mia vita.
Lo stile di questa opera artistica è troppo tenebroso per indulgere all'ironia distaccata che talvolta appartiene alla distanza temporale.
Il bianco e nero è quello del ciclo di Goya sulla guerra. Il terzo e più cupo di tutti i lavori è quello sui tre totalitarismi. Cupo di una cupezza più esplicita e se vogliamo meno subdola rispetto a quella dell'opera sulla rivoluzione digitale.
L'ambiguità, l'anamorfismo, cambia sfondo, cornice storica, ma lascia intatto il significato: nel filo spinato di un campo di sterminio si può vedere la corona di spine di Cristo. Le parole in ebraico antico del Salmo 23, cantato durante lo Shabbat, diventano il viatico per i bambini dei lager: "Anche se andassi/ nella valle oscura/ non temerei alcun male,/ perché Tu sei sempre con me;/ Perché Tu sei il mio bastone, il mio supporto,/ Con Te io mi sento tranquillo".
Diventeranno anche una canzone da discoteca negli anni Novanta, Gam-Gam. Sottofondo per balli e sballi inconsapevoli.
Tecnica:
foglia d’argento spazzolata, colori opachi coprenti, carboncino, fusaggine, pastelli.
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