METROPOLIS
1918 - 1938
Come il protagonista del racconto di Čechov (La mia vita), anche il protagonista del film Metropolis sfugge ai vincoli della casta e si immerge nel mondo dei lavoratori.
Ipogeo umano, apogeo disumano: viscere della terra popolate da operai, grattacieli abitati da algidi despoti. Siamo nel 2026, un futuro che allora era lontano un secolo e ora è dietro l'angolo. Le carte del tempo si mescolano, a seconda di chi tiene il banco.
Il robot-donna che compare nel film (e sulla B114) assume le sembianze di una persona in carne e ossa per manipolare la folla. Come un avatar dell'era digitale, come un profilo fake.
Fonte di ispirazione per l'incubo distopico lo skyline di New York negli anni Venti. Grattacieli affascinanti e inquietanti. Chrysler Building, Empire State Building... La crisi del '29 è in arrivo.
Le quattordici borchie, in sostituzione degli accuminati chiodi, possono essere un messaggio di pericolo, ma anche un richiamo a Man Ray e al suo "Cadeau" il celebre ferro da stiro secondo una visione dirompente e ironica dell'arte Dada in antitesi con il rigoroso funzionalismo Bauhaus.
L'orologio, elemento cronologico che ricorre spesso nelle sei opere esposte, è quello di Tempi moderni. L'operaio interpretato da Chaplin è talmente alienato dal lavoro meccanico da vedere bulloni nei bottoni della gonna della segretaria.
Grande Depressione personale ed epocale. La B114 diventa la macchina per nutrire i lavoratori durante la pausa pranzo senza che smettano di produrre.
Il fondo della pittura è in madreperla. Un riflesso di luce cinematografica sul bianco e nero della storia.
Tecnica:
Polvere di madreperla, ematite, colori opachi, ritagli di giornale, borchie Swarovski.
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